sabato 10 maggio 2008

PLACCHE di ORIANA (AO): Spigolo Hindu Kush + P.G.F. (Variante GUMA)


Sabato 10 maggio 2008





Io, Manu, Paolo e Paolino l'Alpino


E' il mio addio al celibato... e dove potevamo celebrarlo, se non... in parete?!?

Io, Paolino e Manu partiamo alla volta di Scarmagno, dove al solito autogrill incontriamo PsicoPaolo.

Nonostante manchi da un po' di tempo alle nostre uscite alpinistiche, Psico-Hannibal-Paolo dimostra di non essere cambiato affatto e si presenta così, piantando un chiodo al parcheggio di Courtil...



Siamo alle Placche di Oriana (m 1.400), all'imbocco della Valle di Champorcher.
Ci facciamo la mezz'oretta di avvicinamento a torso nudo, Paolo ci mostra i suoi nuovi ipertrofici muscoli pettorali (quasi eccitanti... :-)) ed eccoci all'attacco della prima via, lo Spigolo Hindu Kush (6a TD- 140 m):



Le cordate: Io e Paolino l'Alpino; Manu e PsicoPaolo.
Parto io (il festeggiato...) per il primo tiro (4a):



Nessun problema, qui lo gneiss granitoide è spettacolare, il piede tiene all'inverosimile.



Scena comica: Manu sale in sosta, poi recupera la corda, quando PsicoPaolo grida allarmato: la corda sta salendo e lui non si è legato all'estremità...
No-comment...
Paolino intanto affronta la seconda lunghezza (6a), prima placca liscia, poi spigolo da risalire con movimenti particolari:



Il terzo tiro (5a) parte facile, poi traversa a sinistra per salire un lungo bellissimo diedro:



La chiodatura è ottima:



La quarta lunghezza (5b) prosegue lungo il diedro, regolare e perfetto, poi si sale sullo spigolo e si giunge in sosta su placca lavorata:



Dalla quarta sosta vedo la catena della quinta, molto vicina, così, dato che stiamo arrampicando con una corda da 70 m, decido di concatenare il quinto (4b) ed il sesto tiro (5b):


Siamo in cima:


Scendiamo per il sentiero, che ci porta in breve all'attacco di un'altra via: P.G.F. - Variante GUMA (6a TD- 120 m).
Il primo tiro non mi dà grattacapi (4a).
Il secondo tiro (6a) invece è molto duro, benché lo avessimo già salito tempo fa...

Anche il terzo tiro (5c) è tosto, lo risolvo non proprio rapidamente...



Evitiamo il quarto facile tiro (4a) e ci caliamo: uniamo le due corde da 70 m e con una sola calata siamo agli zaini.



Spariamo ancora qualche cavolata nel prato sottostante le pareti, poi torniamo alle macchine, ci laviamo a una fontana e via, verso l'osteria a Settimo Vittone, dove ci aspettano Fabri e Livio per un alcoolico (per i miei standard) addio al celibato.
Bella serata, poi tutti a casa e... ciapa la gallina!!!

sabato 3 maggio 2008

PUNTA VENEZIA (m 3.095): Couloir Nord



Sabato 3 maggio 2008


Io, Carlo, Vilfredo, Valerio, Paolino l'Alpino, Giorgio, Riccardo e ???


Grande uscita alpinistica, arricchita da una nuova compagnia e da... un errore!
Partiamo alle 5,00 con l'obiettivo di salire il Coulour Bianco (40° PD 500 m) , tra Punta Venezia (m 3.095) e Rocce Fourioun (m 3.153).
Parcheggiamo al Pian della Regina (m 1.740), da cui partiamo alle 6,45.
Mezz'ora dopo transitiamo per il Pian del Re (m 2.020) e proseguiamo in direzione Colle delle Traversette.



Fa già un caldo incredibile, di prima mattina, ma la neve sta tenendo più di quanto temessimo.
Passiamo di fronte all'imbocco del Couloir del Porco:


Raggiungiamo il fronte di un'estesa valanga e facciamo una pausa per ramponarci e bere un goccio; da destra, Paolino, Wil e suo fratello Valerio, che mi è stato preannunciato come pazzo incosciente incontenibile ed esuberante...


Carlo, il nostro Cavallo Polacco:


Ecco il nostro canale, all'imbocco:


Io e Wil siamo un po' provati dalle scorrerie di ieri al Monte Coudrey, ma attacchiamo tutti il couloir.


Nella prima parte la neve comincia già a "smollare", anche perchè ne è venuta parecchia e l'ultima non è ancora trasformata.


Mi segue Valerio e, più sotto, Wil; subito uno di noi annuncia che torna indietro.

A circa un terzo del canale, anche Wil deve alzare bandiera bianca, colto da crampi alle gambe, a causa della comprensibile fatica del giorno precedente.
Salendo, le condizioni sono accettabili, anche se la neve è abbondante:



L'errore di cui parlavo sopra: oltre la metà del canale, il couloir si divide in due rami; il Coulour Bianco, seguendo un andamento a "S", va ad uscire sulla destra, come si vede nella foto:


I nostri battistrada sanno che la diramazione di sinistra è il Couloir Nord di Punta Venezia e, quando scorgono un ramo a sinistra, lo evitano e salgono poi su diritti: il fatto è che quello evitato è un ramo minore, che finisce nel nulla, mentre proprio quello imboccato è il Couloir Nord di Punta Venezia (50° PD+/AD- 500 m)...

Infatti, confrontando a posteriori le nostre foto con le relazioni in letteratura, scopro che quest'ultimo couloir sbuca proprio a sinistra del torrione che si vede sotto, verso cui puntiamo decisi:

Per di più, i famosi quattro apripista tentano dapprima l'uscita sulla sinistra, in corrispondenza della variante al Couloir, la cui relazione prevede un'uscita a 60° di misto e consiglia il ricorso a friend e chiodi:

Da sotto, ricordo loro che salire va bene, ma poi bisogna saper scendere... per cui tornano indietro, faccia a monte.
Intanto, Valerio e io proseguiamo verso l'uscita corretta del Couloir Nord, con pendenza 50° di neve abbastanza profonda.

Ci troviamo l'uscita sbarrata da un accumulo di neve enorme, che per quanto ne sappiamo potrebbe nascondere una cornice sul lato opposto.
Proviamo a scavare gradini, ma quando carichiamo il peso sprofondiamo impietosamente; intanto ci raggiungono gli altri compari, proviamo anche a scavare con la pala, ma niente.
Io propongo di tornare indietro, d'altronde il couloir è finito e poco importa se avevo una mezza idea di proseguire fino in vetta alla Venezia, dato che ci sono già stato altre due volte...
L'ultimo a desistere è Valerio, che tenta un'uscita lungo una lingua di neve qualche metro a sinistra, che riesce effettivamente a risalire, ma per trovarsi poi su rocce infide e ghiacciate: sempre tenendo presente che poi bisognerebbe anche saper tornare indietro da dove saliremmo, ci convinciamo tutti a cominciare la discesa del canale.

La neve smolla e chi (come me) è senza anti-zoccolo sui ramponi deve fare particolarmente attenzione.
La prima parte della discesa è affrontata faccia a monte, poi la pendenza diminuisce e si scende più rapidamente.
Ci riposiamo alla base del canale, tutti insieme, poi torniamo giù, rapiti dal fascino magnetico della parete nord del Monviso:

venerdì 2 maggio 2008

Monte COUDREY (m 1.298): Marimba + Gatto Matto


Venerdì 2 maggio 2008


Io e Vilfredo



Stavolta ti ho beccato, Wil!
Dopo tante parole, tante battute e dileggio a go-go, eccoci al Monte Coudrey (m 1.298), all'attacco di una vera via di roccia...
Wil denota forse una certa perplessità, prima di partire:



Cominciamo con una via facile facile, non troppo esposta e con soste comode (come da contratto...): Marimba (4c 70 m 2L).
La roccia è uno splendido gneiss granitoide, che sorprende subito il mio amico per la tenuta che garantisce in aderenza con le moderne scarpette da arrampicata:



Si tratta di una placca lavorata, dove la spittatura non è poi così ravvicinata...


Il primo tiro (4a o 4b) raggiunge una comoda sosta; Wil ha già gli alluci indolenziti... maledette scarpette!


La seconda lunghezza (4c) risale la parte alta della placca rossa, poi supera un muretto verticale, dove trovo la sosta e recupero il compagno:




Scendiamo facilmente, fino a riguadagnare il sentiero che risale il Coudrey tra il bosco; Wil è entusiasta di dirigersi all'attacco di un'altra via, come si vede...




La prescelta è Gatto Matto (5a D 120 m 4L), al Pilastro Emmenthal.




L'attacco è bruttino, come tutto il primo tiro. Tanto facile (3b), quanto brutto!
Il secondo tiro (3c) va meglio: sempre facile, ma arrampicabile, un po' di placca ed eccoci ad una comoda sosta.




Mentre ce ne stiamo seduti a questa sosta, squilla il mio telefono: è Beppe, il nostro collega, che da buon crumiro ha deciso di non fare il ponte e ci chiama dall'ufficio per sapere se Wil è ancora vivo...



E' allora che Wil alza lo sguardo verso i due tiri che ci aspettano e rimane impressionato dalla verticalità assoluta della parete!


Tanto per peggiorare un po' la situazione, i due ragazzi che ci precedono se ne stanno appollaiati alla terza sosta, sotto lo strapiombo che costituisce la partenza della quarta lunghezza, quando... decidono che non se la sentono e tornano indietro in corda doppia...



Ok, allora tocca a noi!
Percorro la terza lunghezza (4c) e mi appendo alla terza sosta, da cui recupero un preoccupato Wil, che sale parlando di strani ed incontrollabili tremori di gamba...
Quando mi raggiunge, mi fa sapere che se per caso volessimo rinunciare anche noi allo strapiombo dell'ultimo tiro, lui non se la prenderebbe affatto...
Ma figurati, tienimi che ci provo!
In effetti la quarta lunghezza (5a) non è banale, ma supero l'ostacolo e salgo la placca verticale:


Una quarantina di metri dopo, eccomi sbucare in vetta al pilastro, con la placca che si abbatte ed una rassicurante sosta da cui recuperare il socio.
Poi tocca a lui: io da sopra non vedo come sale, ma dopo qualche incertezza la corda "viene", sta salendo a buon ritmo.
Grandissimo!
Infine, ecco sbucare il suo casco blu: gli ultimi passi...



La vetta!


L'espressione è un po' provata, soprattutto a causa del dolore provocato dalle scarpette, ma c'è viva soddisfazione.
Come in altri contesti della vita, quando non ci sono molte altre vie di uscita da un problema, l'unica cosa è affrontare con decisione le difficoltà; dopo il giustificato tentennamento iniziale, l'animo razionale del nostro provetto alpinista reagisce, anche confidando a mente lucida sull'indubbio aiuto dei due rami di corda che uniscono il suo imbrago alla sosta lassù in vetta.
Come era successo a me alle prime uscite in parete (e che parete: la Rocca Castello!), ad un certo punto realizzi che sei con qualcuno che sa quel che fa, sei assicurato da una corda, dunque rompi gli indugi e sali, magari talmente concentrato da non pensare nemmeno più a tutto il vuoto che ti vedresti tra le gambe.
In definitiva, Wil se la cava alla grande, poi improvvisiamo un corso accelerato di calata a corda doppia e via, eccolo lanciarsi verso il basso:

Sotto di noi, il Forte di Bard.
Una serie di quattro calate ci riporta alla base della parete.



Una quarantina di minuti più tardi, eccoci al parcheggio, da cui ammiriamo le pareti scalate; il Pilastro Emmenthal è molto evidente, al centro della foto:


E domani si replica, ma in alta quota e su canali innevati!