venerdì 14 agosto 2009

CIMA della MALEDIA (m 3.061): Cresta Sud-Est e traversata


Giovedì e Venerdì 13-14 agosto 2009




Io e Paolinol'Alpino

Una bellissima via di roccia lontana mille miglia dal fondovalle...
Dopo la divertentissima giornata di ieri sul Weissmies (m 4.023) e dopo aver rotto le scatole ad uno stanco Paolino per tutto il viaggio di ritorno in Italia, eccoci qua, subito dopo pranzo, a caricare ancora l'auto con destinazione San Giacomo di Entracque (m 1.200).
Stavolta guida Paolino: la nostra meta è il Rifugio Federici-Marchesini al Pagarì (m 2.650), forse il rifugio più lontano dal fondovalle che conosca... 5 ore!
Ho chiamato ed ho trovato posto per due persone; ho chiesto al gestore, il mitico Aladar, se fossero necessari ramponi e picca per la discesa dalla Cima della Maledìa (m 3.061), e lui mi ha risposto di lasciarli a casa, mi spiegherà una via di discesa su roccia.
Il meteo prevede possibilità di pioggia per oggi e sole pieno domani, con zero termico ad oltre 4.000 metri ed assenza di vento.
Quando partiamo dal parcheggio, alle 14,50, comincia a piovere...
Beccheremo un bel po' d'acqua, ma per me è sempre meglio del caldo opprimente.
Siamo abbastanza carichi, abbiamo una corda intera da 30 m, bella pesante.
La camminata verso il rifugio è veramente infinita: vi giungiamo alle 18,40, pochi minuti prima della cena.
Il pasto è grandioso, ottimo ed abbondante, in compagnia di una loqualce coppia di francesi e di due ragazzi di Torino e Saluzzo.
Pare che solo noi due faremo la vetta, scalando la Cresta Sud-Est (IV AD- 400 m).
Aladar ci spiega la via di discesa da seguire, con tanto di schizzo su foglio di carta.
Dopo cena usciamo fuori ad ammirare la montagna e la via che saliremo:

Io e Paolino siamo stati relegati nel sottotetto, con una scala di accesso al tavolato su cui dormiremo leggermente strapiombante... tipo Scala Jordan alla Cresta del Leone al Cervino!
Il mattino dopo la sveglia è decisamente comoda, colazione alle 7,00; fuori, il meteo è splendido, quasi quanto la parete nord-est della Cima della Maledìa (m 3.061):

Alle 7,30 partiamo, unici scalatori in mezzo a tanti simpatici escursionisti italiani e francesi; poco più di mezz'ora dopo siamo al Passo di Pagarì.
La prima parte della cresta è molto facile, non ci si lega e percorre per intero la Serra di Pagarì:

Alla nostra destra, il Ghiacciaio di Pagarì ed il rifugio:

Di fronte a noi, finalmente, la cresta si impenna ed inizia la via vera e propria:

Risaliamo fino ad una comoda cengia, dove ci prepariamo all'arrampicata: imbrago, corda, materiale e scarpette.
Il primo tiro (IV) risale la parete articolata e punta al diedro in centro alla foto:

Ci leghiamo, conduco io.
Paolino attrezza una sosta su solido spuntone e mi assicura:
Risalgo la parete in diagonale verso destra per una quindicina di metri, poi attacco il diedro, non facile ma ben protetto con addirittura 3 chiodi, un cordone ed una fettuccia.
Alla fine provo e riesco a superare il passaggio in libera, ma non è banale: non è certo il quarto grado che troviamo nelle falesie dei giorni nostri...

Oltre il diedro, trovo una comoda cengia, dove attrezzare una sosta.
Non trovo i due chiodi come da relazione, bensì uno solo, con la testa così schiacciata da non essere più rinviabile... In compenso, individuo due ottimi spuntoni, da cui recupero il compagno.
Il secondo tiro (II+) mi vede andarmi a cercare le difficoltà: anziché salire facilmente in diagonale a sinistra, provo a salire diritto sopra le nostre teste verso la cresta, ma poi trovo la strada sbarrata, per cui torno indietro sotto lo sguardo eloquente di Paolino...

Assicuro l'amico facendo passare la corda dietro ad uno spuntone:

Salgo il terzo tiro (III) senza problemi:

Raggiungiamo la cresta:

Il tiro successivo ci presenta una bellissima placca fessurata (III), al centro della quale rinvio un chiodo:

Sbuco in cima ad un secondo torrione, dove mi raggiunge Paolino:

Proseguiamo poi per un tratto in conserva lunga, su terreno più facile, fino alla sommità di un altro spuntone; giù in fondo, già lontano a sinistra, il Passo di Pagarì:

Di fronte a noi, ancora qualche torrione da scavalcare, ma si vede già la croce di vetta in cima all'ultimo:

Ridiscendo lo spuntone e risalgo il successivo, piazzando anche un buon friend di protezione; ci guardiamo appollaiati su due torrioni:

Il torrione successivo è molto divertente: offre ancora una placca fessurata di III grado, la roccia è un ottimo gneiss lungo tutta la scalata; anche qui è presente un buon chiodo poco sotto la metà della placca:

Alla nostra sinistra, sul versante francese, il Lac Long:

La discesa dal torrione è un pochino più delicata, in placca; all'intaglio, attrezzo una buona sosta e recupero l'amico.
Abbiamo ancora due torrioni di fronte a noi, il secondo dei quali è la vetta della montagna.
Provo a salire obliquando a sinistra lungo una spaccatura, ma la via è preclusa.
Scorgo però sulla sinistra un ometto in pietre, per cui capisco che devo tornare indietro e scendere dall'intaglio di qualche metro, delicato, prima di attaccare un camino ascendente.
Essendo ingombro di massi non so quanto stabili, decido di uscire in placca all'esterno e di salire verso la sommità del torrione.
Alla mia sinistra, poco lontana, la Cima dei Gelas (m 3.143):

Attrezzo una buona sosta; ecco Paolino all'uscita dal camino:

E' quasi fatta, la via non oppone più serie difficoltà.
Scendo facilmente alla sella successiva, traverso lungo il filo di cresta e risalgo la parete articolata che conduce in cima:

Prima di mezzogiorno, dopo circa tre ore di bellissima arrampicata, siamo per la prima volta sulla Cima della Maledìa (m 3.061):
Pochi minuti prima di noi sono giunti in vetta padre e figlio, che ci scattano la foto; firmiamo il libro delle ascensioni, sgranocchiamo qualcosa e cominciamo la discesa.
Verso est, il Clapier (m 3.045):
Durante buona parte della salita abbiamo continuato ad indagare con lo sguardo lungo la parete sud-ovest del Muraion, dove dovremmo individuare la cengia erbosa lungo cui scendere, senza risultati apprezzabili...
Ridiscesa la sfasciumosa parete ovest della Maledìa (serio pericolo di scariche di pietre, in caso ci siano persone più in alto), ci troviamo la strada sbarrata da un nevaio bello ghiacciato...
Io come sempre se posso lo evito per rocce, così inizio una traversata su roccia verso sinistra.
Paolino invece si trova a suo agio su neve, ma stavolta non valuta benissimo le condizioni: dopo pochi passi compiuti cercando di incidere la neve coi talloni, eccolo prendere velocità, pericolosamente verso le rocce sottostanti...
Fortunatamente si arresta dopo una quarantina di metri, con gli avambracci scorticati ed una buona dose di spavento.
Dal canto mio, continuo ad arrampicare, in posizione un po' esposta, riesco a scendere con qualche passo impegnativo, poi mi avvio al Colle del Muraion.
Paolino intanto, grazie alla sua discesa "accelerata" (...), si trova già sul posto e sta facendo un sopralluogo, senza risultati convincenti...
Insomma, l'idea di scendere giù di là non ci piace per nulla: forte esposizione, nessuna possibilità di assicurazione e dubbi sulla linea da seguire...
Paolino conosce la zona, così suggerisce di andare a dare uno sguardo sull'altro versante, verso ovest.
In effetti è innevato, ma la pendenza non è eccessiva e soprattutto la consistenza della neve consente di scendere anche senza ramponi, con un po' di attenzione.
Scendiamo così fino al Lago Bianco del Gelas, sotto al Bivacco Moncalieri (m 2.710), dove recuperiamo un bellissimo sentiero che seguiremo fino a fondovalle, dove giungiamo alle 18,00.

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