sabato 26 giugno 2010

PAVE' du CHARDONNET (m 2.600): Retour en Névachie


Venerdì e Sabato 25-26 giugno 2010



Io, Manu e Paolino l'Alpino


Bellissima uscita sul calcare del Pavé du Chardonnet (m 2.600)!
Grande compagnia: alle 20,30 partiamo da casa io, Paolino, Gian e Manu; appuntamento alle 22,30 a Bardonecchia, dove incontriamo Wil e Chiara.
Senza indugiare troppo, data l'ora, facciamo la conoscenza del Colle della Scala, che ci porta in Vallée de la Clarée, a Névache.

Alle 23,30 finalmente parcheggiamo nei pressi di un campeggio (ancora deserto) e, alla luce delle pile frontali, montiamo il nostro campo base: 3 tende multicolori.

Wil e Chiara, Manu e Paolino, io e Gian.

Tutti a nanna, la sveglia è puntata alle 6,25.

Ci svegliamo anche grazie alle pecore che pascolano a pochi metri da noi; il meteo è perfetto, ma la notte è stata bella fresca: sulle tende c'è un sottile strato di ghiaccio.

Smontiamo, mettiamo su il thè e ci prepariamo, con estrema calma, non troppo alpinistica...

Quando partiamo infatti sono più delle 8,00, il sole scalda alto in cielo; saliamo lungo l'evidente sentiero che ci conduce in prati dai colori fantastivi, sormontati dalle vette calcaree circostanti: un panorama assolutamente dolomitico.

Sulla sinistra, il nostro obiettivo: il Pavé du Chardonnet (m 2.600):

Saliamo con calma, in giro non c'è nessuno, stranamente. La conca che ci accoglie quando ormai siamo quasi sotto la nostra parete è bellissima:

A sinistra la Crete du Diable (m 2.869), a destra la Crete du Raisin (m 2.818).

Alle 9,00 lasciamo Gian al suo girovagare botanico per la valle: lui scende al lago, noi saliamo verso gli attacchi delle vie sulla parete sud-est del Pavé du Chardonnet.
Ci dividiamo: Wil e Chiara saliranno Dessine-moi un Quatre Supérieur (6a/A0 TD- 10L 280 m), mentre io, Manu e Paolino l'Alpino arriviamo all'attacco di Retour en Névachie (5c+ TD- 9L 250 m):

Siamo muniti di radioline, per cui rimaniamo in contatto radio sia con Gian, sia con la cordata di Wil e Chiara.
La conca sottostante vista dall'attacco della via, con in lontananza Gian che vaga sui prati:

Ci leghiamo, parte Paolino per il primo tiro (5a), un viaggio su ottimo calcare sempre in leggero traverso a destra:

Seguo io, quindi anche Manu esce in sosta:

Il secondo tiro (4c) è un unico traverso deciso a destra, quasi in orizzontale:

La chiodatura della via è impeccabile, molto sicura e recente.
Il terzo tiro (4b) parte verticale, su ottima roccia, ben appigliata, fino ad una grande cengia:

Qui c'è il primo passaggio di testimone: passa avanti Manu.
Il quarto tiro (3b) è di trasferimento, oltre che breve, e ci porta alla base di una parete liscia e verticale.
La quinta lunghezza (5c+) si fa decisamente tecnica: prima un vago diedro con un passaggio di forza (5b):

Cui segue un traverso a sinistra in aderenza, quindi la salita di una placca priva di appigli, decisamente da interpretare:

La sosta è su comoda cengia, io la raggiungo per ultimo dopo aver tribolato di brutto ed aver "accarezzato" un rinvio...
Manu intanto riparte lungo il sesto tiro (5b), una placca verticale bellissima, divertente:
Io faccio foto e mangio una barretta di cioccolata completamente sciolta dal sole, mentre Paolino assicura:

Quando Manu arriva in sosta, qualche nuvoletta solca il cielo, ma niente di preoccupante:

Salgo a mia volta la placca:

Secondo ed ultimo cambio della guardia: passo avanti io per gli ultimi tre tiri della via.
Il settimo è piuttosto discontinuo, facile e con un singolo passo di 5b in uscita:

In breve siamo tutti e tre riuniti in sosta alla base del tiro secondo me più bello della via, la lunga placca grigia a canne verticali dell'ottava lunghezza (5c):
La attacco senza indugi, i primi metri non sono impegnativi:
Poi però mi devo impegnare al massimo, laddove appigli ed appoggi si riducono quasi del tutto.
La roccia è un calcare magnifico, perfetto ed abrasivo.
Regalo agli astanti (Manu e Paolino che cantano e girano video idioti mentre mi fanno sicura...) un numero da circo: lanciando ad una presa a canna, perdo un appoggio e, sentendomi precipitare, riesco a rimanere appeso per un braccio con una forza insospettata (la forza della vita?); in realtà il passo è molto ben protetto e non sarei volato comunque più di un metro o poco più...
Con un ultimo sforzo, essendo il tiro molto fisico, esco a destra da un piccolo strapiombo ben appigliato e raggiungo l'aerea sosta:
Intanto, continuo a tenermi in contatto con gli amici sull'altra via e soprattutto con Gian, che giù in basso comincia a stufarsi ed a regalarci commenti taglienti...
Altri escursionisti sono fermi sul sentiero ai piedi della parete per seguire le nostre evoluzioni, mentre assicuro i compari che salgono a loro volta la splendida placca:

L'uscita:

Secondo il mio parere, il passo più duro della via si trova a metà del quinto tiro, ma l'ottavo è certamente il più bello di tutti.
Infilo nuovamente le scarpette ed attacco la lama che introduce il nono ed ultimo tiro (4c):

Anche questa lunghezza è molto divertente, su roccia sempre ottima, sempre migliore man mano che si sale:

Paolo mi raggiunge, quindi Manu:
La sommità:

Scatto all'uscita della via, appesi all'ultima sosta:

Verso ovest, la Barre des Ecrins (m 4.102), vetta assoluta degli Ecrins:

Alle nostre spalle, altre grandiose pareti calcaree:

Il solito autoscatto ci immortala soddisfatti in vetta:

Una serie di due calate a corda doppia lungo la via salita da Wil e Chiara ci deposita su una grande cengia, dove ci riuniamo tutti e cinque.
La seconda in particolare è molto spettacolare; Paolino:

La cosiddetta "fenetre, dove Wil e Chiara attrezzano l'ultima calata:

Intanto anche Manu ci raggiunge:

L'ultima doppia è nel vuoto:
La brutta sorpresa finale ce la riserva il canale di discesa, sfasciumi fortemente instabili, insomma veramente brutto da scendere...
Ci impegna per un bel po'...

Alla base però scatta il relax sui soffici prati:

Parte della parete salita:

Ultime immagini da cartolina: lasciamo questo posto magnifico, incontriamo Gian dopo 9 ore e torniamo alle auto.

Sosta ristoratrice a Briançon, previa piccola deviazione, poi via in autostrada verso casa, dove un tentativo di foto alla luna nascente mi regala questo curioso effetto speciale:

sabato 19 giugno 2010

ROCCA PENNA (m 750): Spigolo Vareno + Via Centrale


Sabato 19 giugno 2010


Io e Wil

Giornata strana...

Meteo disastroso, ovunque.
Il venerdì io butto lì anche l'ipotesi di andare comunque in montagna e decidere all'attacco della via se il meteo consenta oppure no.

Alla fine optiamo per restare a fondovalle, andiamo a Rocca Penna (m 730), in bassa Val Susa: siamo io, Paolino l'Alpino e Wil.

Parcheggiamo a Borgone ed ecco la nostra meta:

Dopo una ventina di minuti di avvicinamento, eccoci all'attacco dello Spigolo Vareno (5+ 3L 130 m):

Stanotte è piovuto molto, ma le pareti sono in gran parte asciutte.

Paolino, visto che siamo comunque in due, si defila, sentendosi indebolito dagli antibiotici; ci guarderà dal basso.

Ci leghiamo e parte Wil: il primo tiro è dato 4+, ma qui pare che le gradazioni non siano affatto generose...

Secondo tiro (5+): vado avanti io, la roccia pare un po' migliore rispetto alla parte bassa (gneiss granitoide):

Mi infilo lungo una fessura, salendo faticosamente in dulfer fino ad un tratto con lama da tenere che si fa più larga ed arrotondata, meno netta e con protezione decisamente distanziata; il passo è piuttosto aleatorio, ci studio su un bel po', poi decido che non ho voglia di rischiare il volo e facciamo dietro-front...

Scendiamo, il meteo tiene bene ed io comincio a recriminare ed a pensare che forse avremmo potuto tentare la fortuna in montagna...

La via salita fino a metà:

Ci spostiamo alla falesia della Cava di Borgone, a piedi: un muro impressionante, il residuo di una vecchia cava di gneiss granitoide, lisciato dal teglio netto della coltivazione della cava:

Non avendo alcuna confidenza con la roccia del posto, ci lanciamo lungo la via più abbordabile, la Via Centrale (5b 3L 100 m), ubicata al centro del paretone:

Ci leghiamo e parte ancora Wil lungo il primo tiro (4c), salendo senza problemi su una roccia che comunque non dà alcuna buona sensazione di tenuta del piede e di grip:

La chiodatura e le soste sono ottime, datate ottobre 2009.

Attacco la seconda lunghezza (5b), un diedro povero di prese e con appoggi aleatori, molto breve, e raggiungo una sosta più datata, su comodo ed ampio terrazzino. Wil mi segue, sotto un sole che mi fa imprecare contro le previsioni:


Proseguo lungo il terzo tiro (5b), imbattendomi subito in un reperto d'epoca, splendido:

Risalgo poi una lama staccata, facendo un bel run-out, poi rinvio un fittone nuovo nuovo al centro della placca finale, verticale, bellissima, da cui esco spostandomi ancora nel diedro:

Alla mia sinistra, la bella parete, nella sua parte sommitale:

In uscita dal diedro, pochi metri di placca abbattuta mi conducono in sosta.

Wil mi segue senza indugi:



La cima:

Due bellissime calate in doppia, molto aeree, ci depositano alla base della parete.

Arrivato a casa, leggerò con disappunto che il meteo ha premiato i temerari che non hanno dato ascolto ai gufi delle previsioni...