sabato 25 agosto 2012

AVANCORPO TESTA del VALLONETTO (m 2.482): Occhi Blu

Sabato 25 agosto 2012

Io, Paolo, Manu, Carlo, Stefano e Paolino l'Alpino

E' il giorno dell'addio al celibato di Paolo il Pazzo!!!
E dove celebrarlo degnamente, se non in montagna, sui monti del cuneese?
Il programma viene da sè: partenza verso le 8,00, poi via verso Cuneo a recuperare il Pazzo a casa.
Tutti sulla multipla, ovvio: partiamo già con 45' di ritardo, ma infine eccoci a Cuneo:
La sua mise con passamontagna in lana nonostante il caldo più soffocante degli ultimi anni è già indice che il Pazzo non cambierà mai!
A Borgo scatta la sosta colazione, dove ci raggiunge Stefano.
Seguirà un'infinità di tappe culinarie, prima di raggiungere la frazione di San Bernolfo, a Bagni di Vinadio.
Carlo ha portato una sorpresina per Paolo, che, da buon quasi-medico , viene agghindato di tutto punto:
Ci prepariamo, anche se onestamente abbiamo più roba da mangiare e bere che non attrezzatura da arrampicata...
Trovo veramente strano percorre la Valle Stura a quest'ora... in genere lo facciamo molto presto, se non di notte, e non sono abituato ad occupare gli ultimi posti dei parcheggi ed a salire con il caldo e in mezzo a molta gente... ovviamente rimangono tutti un po' straniti alla vista di questo personaggio:
Trovo che gli occhialini da sole gli diano un tocco di satanico... una sorta di Dr. Jekyll in scarponi da montagna!
 Oltrepassiamo il Rifugio Laus, dove tutti continuano a fare facce strane, e poco dopo eccoci al Lago di San Bernolfo, bellissimo: 
Questo posto è risultato essere il miglior compromesso tra ambiente di montagna, possibilità di riportare il nostro eroe su una parete di roccia dopo anni, location in una delle valli del cuneese, vicinanza con un ristorante "come si deve" per la cena e... previsioni meteo, purtroppo non molto confortanti.
Giunti in riva al lago, è mezzogiorno... ergo, fuori i viveri, si mangia!
Saltano fuori salami, formaggi, speck, pizza e focaccia; poi vino, tra cui un incredibile dolcetto portato dal Pazzo, che ormai ha più fondo che vino!
Dopo i bagordi, puntuali, ecco le prime nuvole in arrivo:
Sprono tutti ad alzare le chiappe, le pareti sono a due passi: nonostante qualcuno già voglia gettare la spugna, mi impongo e poco dopo siamo in marcia:
Corde, zaini, imbraghi...
... e non solo: Carlo finisce di gonfiare la sua... amica Brenda, che presentiamo al Pazzo:
Un must, per un addio al celibato...che, con un tocco di fantasia, trova posto anche nella nostra rivisitazione alpinistica del festeggiamento maschilistico...
A proposito, anche se oggi la cosa passa in secondo piano: la parete che saliremo è l'Avancorpo della Testa del Vallonetto (m 2.482), dove siamo già stati altre volte.
Non riusciamo nemmeno oggi a far arrampicare Carlo, che farà il fotografo dell'impresa e farà compagnia a Stefano nel seguire dalla base le evoluzioni del nostro eroe.
Le cordate sono così composte:
  • Manu e Paolino l'Alpino sulla via Provare per Credere (5b   D   5L   190 m);
  • Io, Paolo il Pazzo e... Brenda sulla via Occhi Blu (5b   D   5L   160 m), dedicata a lei...
OK, siamo pronti:
La via, mentre il sole è tornato a far capolino tra le nuvole:
Alle nostre spalle, lo splendido Lago di San Bernolfo, da dove sono scappati quasi tutti per paura della pioggia (o per paura del personaggio che ci portiamo dietro, il Dr. Jekyll???)
Un ultimo scatto e partiamo:
Salgo il primo tiro (5b), una divertente placca, il preludio al ritorno in parete del Pazzo: 
Parallelamente, sulla via accanto, Paolino l'Alpino recupera Manu:
Ci siamo, parte il Pazzo, che sembra ancora sapere il fatto suo, sotto gli occhi divertiti di tutti:
Non capita tutti i giorni di incontrare arrampicatori con camice da medico e Brenda in spalla:
L'insolita coppia sale, affiatatissima:
Giunto in sosta, il Pazzo mi confida che, se quello era un 5b, allora forse è meglio che vada avanti io, lungo al via.
Gli rispondo che sì, credo anch'io sia molto meglio così: del resto lui non arrampica da una vita, è agghindato in maniera non molto confortevole, ecc.
OK, allora, prendo tutti i rinvii e mi preparo a salire il secondo tiro (5a), ancora in placca.
Se non che... tutto ad un tratto Paolo mi fa: "Ma guarda, ho tutti i polpacci indolenziti a restare qua in placca, in sosta... meglio che vada avanti io".
Resto perplesso, ma gli do strada, oltre ai rinvii...
Ecco dunque tornare non solo in parete, ma anche da primo!
Peccato che poco prima della sosta avrà... ehm... qualche problemino a raggiungerla...
Fortunatamente un incredibile, pittoresco ed assolutamente tipico tentativo disperato e strampalato del nostro eroe di agganciare al lazo un arbusto secco e striminzito va a vuoto... così Manu si cala dalla via accanto e giunge in soccorso, tra l'ilarità generale, permettendomi di raggiungere S2: 
Grande Paolo, non cambierai mai!
Le nuvole ora sono più minacciose e Manu e Paolino decidono di calarsi.
Io ovviamente no.
Salgo il terzo tiro (5b), prima in placca, poi lungo uno sperone a tratti strapiombante, una lunghezza molto divertente:
Sempre per non smentirsi, il Pazzo mi comunica, mentre sono appeso alle dita durante il superamento di un breve strapiombo, che il suo imbrago si sta aprendo...
Ora, lui è assicurato in sosta mediante l'imbrago; per di più, assicura me con il freno applicato all'anello di servizio... dell'imbrago!!!
Bene, scene di ordinaria follia: mi assicuro un attimo ad uno spit, mentre lui sistema e ripassa la chiusura dell'imbrago, poi proseguo:
Fantastico, se non lo conoscesi da una vita e se non fosse così simptaico... lo ammazzarei!  :-D
Proprio mentre giungo in sosta, inizia a piovere.
OK, mi rassegno anch'io... si scende.
Attrezzo la doppia e Paolo non parte nemmeno per il terzo tiro.
Scendo saltando la sua sosta e fermandomi a quella successiva (S1), dopodichè il Pazzo scende da S2 a S1.
Arriviamo in fondo e fortunatamente la pioggia non è molto continua. Ci dà il tempo di arrivare al rifugio, 10 minuti dopo, e proprio mentre varchiamo la soglia si scatena l'inferno... un muro d'acqua!
Inganniamo l'attesa mangiando, bevendo e giocando a carte.
Verso le 19,15 possiamo scendere alla macchina e recarci al ristorante a Pietraporzio, dove staremo benissimo e dove ci raggiunge Amedeo, un altro amico.
Il festeggiato è costretto a bere vino con gli attrezzi del mestiere... la siringa:

Ma voi vi fareste curare da un medico così???
Foto di gruppo a fine serata:
Essendo il più sobrio, guido io lungo il ritorno a casa; tra due settimane, ci vediamo tutti al matrimonio!!! 

domenica 19 agosto 2012

BARRE des ECRINS (m 4.102) + DOME de NEIGE (m 4.015)

Sabato e domenica 18-19 agosto 2012

Io e Bruno





Dopo 7 anni torno al Refuge des Ecrins (m 3.170) per salire la regina, la splendida Barre des Ecrins (m 4.102).
Paolino getta la spugna, così stavolta pinzo il mitico Bruno, entusiasta di scalare questa superba vetta, di cui parliamo dalla scorsa primavera.
Un po' preoccupato per la stanchezza accumulata nei giorni scorsi, scendendo dal rifugio Remondino chiamo Bruno, che per venire sulla Barre è tornato due giorni prima dalle vacanze nel briançonnais.
Gli faccio presente che, nonostante il programma del sabato preveda "solo" la salita al rifugio, date le previsioni meteo ancora di alta pressione e di temperature altissime (zero termico previsto a 4.800 m!!!), sarebbe bene partire comunque un po' presto. In tal modo potremmo evitare un po' il caldo ed arrivare al rifugio in tempo per un bel riposino prima di cena.
Bruno concorda: l'appuntamento è per le 6,00 al casello di Carmagnola.
La sera torno a casa, cambio l'attrezzatura, faccio il giardino e scrocco una cena ai miei, poi a nanna a recuperare energie.
Ci siamo, la sveglia mi riporta alla realtà alle 5,20; quando mi alzo, le mie gambe paiono chiedersi: ma questo dove va di nuovo, non vorrà rimettersi a camminare????
Arrivo puntuale al casello; dopo pochi minuti ecco Bruno, trasferisce la sua roba nel mio bagagliaio e via, si parte di nuovo per un'altra avventura.
Alle 8,30 parcheggio al Pré de Mme Carle (m 1.874), dopo aver attraversato per l'ennesima volta Briançon, Pelvoux ed Ailefroide; appena scendiamo dall'auto, ecco subito la vetta della Barre des Ecrins (m 4.102) ad accoglierci, splendida e lontanissima... anche perchè da qui ne vediamo la parete sud, mentre noi la scaleremo da nord:
In cielo non si vede una nuvola, i colori sono nitidi e perfetti, i contrasti netti:
Mentre ci prepariamo a partire, azzanno due piccoli panini che ho preparato a casa; per darmi un po' di carica e prevenire la botta di stanchezza a seguito delle recenti sgroppate, sorseggio una red-bull anche prima di partire (in genere, solo al ritorno, prima di guidare)!
Alle 9,00 partiamo, ovviamente fa già caldissimo.
Risaliamo i primi lunghissimi tornanti e, dopo la nota svolta a destra e dopo l'incontro con la solita marmotta domestica in cerca di cibo, eccoci di fronte al Glacier Blanc:
Per molti escursionisti, questo punto è già la meta finale, giungere al cospetto del ghiacciaio; per noi è appena l'inizio.
Poco oltre, mi volto indietro per ammirare l'Ailefroide (m 3.927) e non posso non notare un enorme seracco incombere sulla valle del Glacier Noir:
Alla sua sinistra, più vicino a noi, il magnifico Pelvoux (m 3.943), che ho scalato qualche anno fa e dove ce la siamo vista brutta in fase di discesa, braccati da un violento temporale:
Beh, oggi non c'è proprio rischio di alcun temporale...
Proseguiamo, il sentiero è ben segnato ed è molto frequentato.
Oltrepassiamo dopo circa due ore il Refuge du Glacier Blanc e, mezzora dopo, siamo al punto dove si imbocca il Glacier Blanc, quando ormai è visibile il nostro obiettivo, il Refuge des Ecrins (m 3.170):
A differenza di quando ero salito quassù nel 2005, scopriamo che è stato tracciato un sentiero che si mantiene sulle rocce, salendo a destra e tenendosi alto, in direzione del rifugio.
Ora è visibile anche la Barre des Ecrins, in cima alla conca glaciale: è veramente imponente e magnifica:
Il rifugio, sul caratteristico sperone roccioso:
Man mano che ci avviciniamo, si apre sempre più la vista sull'enorme parete nord della Barre, con i tristemente famosi seracchi incombenti:
Eccomi, ci siamo, e per dirla tutta non mi sento nemmeno così stanco:
Dopo una sosta per "pranzare" poco prima delle 13,00, vale a dire addentare i due rimanenti piccoli panini e bere una coca, possiamo ripartire, per scoprire che il tracciato non arriva fino al rifugio, ma in pratica ci ha fatto by-passare la parte più crepacciata e tormentata, per farci ora scendere dove il ghiacciaio sale tranquillo; infatti, non indossiamo nemmeno i ramponi.
Incontriamo due ragazzi privi di attrezzatura ed esperienza alpinistica, che, una volta trovatisi sul ghiacciaio, si fermano indecisi. Sopraggiungiamo noi e da qui in avanti ci segono, vedendo che non ci sono insidie.
Una ventina di minuti più tardi, eccoci in prossimità del rifugio, dopo una faticosa risalita del pendio detritico che separa il rifugio dal ghiacciaio:
Raggiungiamo la nostra meta odierna alle 14,00.
La salita sotto al sole spietato mi suggerisce due uniche necessità, una volta arrivati al rifugio: dopo il check-in, una bella Sprite fresca ed una bella dormita, per recuperare un po' delle molte energie spese in questi giorni frenetici...
Dalla finestra del rifugio si gode di uno dei panorami più grandiosi dell'intero arco alpino:
L'accogliente interno del rifugio, in cui siamo tra i primi ad arrivare, per oggi:
Sbalorditivo... ma si tratta per forza di salite con sci via diretta alla vetta, per quanto incredibili anche così, come tempi:
La cena è prevista alle 18,00; poco prima ci alziamo dalle nostre brande, ai posti 6 e 7 della stanza E.
A quest'ora la vista sulla parete che ci aspetta domattina è ancora più stupefacente:
 Dopo cena (non certo di qualità paragonabile ai nostri rifugi nelle Marittime o al Guide di Ayas...), ci dedichiamo alla lettura di riviste di arrampicata, alcune delle quali piuttosto datate.
Verso le 20,30 siamo a nanna.
Il rifugio prevede il servizio sveglia: alle 3,15 ci riportano alla realtà e alle 3,30 è prevista la colazione.
Alle 3,50 io e Bruno usciamo dal rifugio e percorriamo alla luce delle frontali lo scomodo sentierino lungo gli sfasciumi che conducono al ghiacciaio.
Qui giunti, ci fermiamo per infilare ghette, ramponi e legarci.
La temperatura, come previsto, è incredibilmente alta... indosso solo una maglietta ed un softshell, ma sono sudato... alle 4 del mattino su un ghiacciaio di alta quota!
Percorriamo il lungo plateau glaciale, seguendo dapprima la traccia, poi perdendola, in quanto il ghiacciaio per un lungo tratto si fa magro, senza neve e quindi senza traccia...
Dobbiamo superare diversi crepacci, anche se non particolarmente preoccupanti, poi ritroviamo la traccia e schizziamo avanti a tutti, veloci.
Dopo poco meno di un'ora, siamo alla base della parete nord; io sono davanti e non nascondo la mia sorpresa quando nel buio comincio a risalire una traccia che sembra una vera direttissima... con pendenza fino a 45°!
Superiamo anche questo, poi finalmente inizio a trovare qualche svolta a zig-zeg lungo il pendio; Bruno mi segue: 
Siamo legati con una corda gemella da 30 m e io ne porto una seconda uguale nello zaino: vedremo se utilizzarla sulla cresta rocciosa, sicuramente la useremo per la calata in doppia dal Pic Lory.
Continuiamo a salire bene, siamo in forma e finalmente, dopo le 6,00, ecco i primi chiarori dell'alba:
I seracchi che ci sovrastano:
Siao già molto in alto:
Un autoscatto quando ormai siamo a non più di 50-60 m dalla crepaccia terminale sotto la cresta della Barre:
Come previsto, in cielo non c'è una nuvola e non tira vento.
Superiamo diversi crepacci di notevoli proporzioni:
Finalmente siamo sotto la terminale, ora non resta che il lungo traverso orizzontale che taglia tutta la parete, fino alla Brèche Lory; ormai siamo al di sopra dei seracchi e nessuno percorre la cresta sulle nostre teste, per cui non corriamo rischi particolari:
L'ottima traccia che percorre il traverso: in fondo, la Brèche Lory (m 3.974) e, a destra, il Dome de Neige (m 4.015):
La cresta che tra poco cavalcheremo, se solo riusciremo a raggiungerla: il tratto chiave dell'ascensione è infatti il superamento della parete che separa la Brèche Lory dalla cresta sommitale:
Bruno alla fine del traverso, sotto la creta che ci aspetta:
Sono le 7,00.
Valutiamo dove salire in cresta: in genere, il punto debole è rappresentato dallo spigolo in basso, in foto:
Purtroppo, nelle condizioni attuali non è semplice raggiungere questo punto: ci provo dal basso, dalla fine del traverso, ma una spessa superficie di ghiaccio verde mi sbarra la strada...
OK, io e il socio concordiamo di provarci dall'alto, così proseguiamo la traccia verso il Dome, superiamo la terminale, ancora abbastanza chiusa, e aggiriamo il tratto ghiacciato raggiungendo direttamente il filo della Brèche Lory.
Anche qui troviamo ghiaccio: le due alternative consistono nel traversare a sinistra in discesa su ghiaccio oppure nell'attaccare direttamente la parete verticale che ci troviamo innanzi:
Il ghiaccio vivo non è il nostro terreno preferito, così la scelta cade quasi subito sulla seconda opzione.
Dietro di noi arriva una guida francese con due clienti.
Ok Bruno, chi va avanti in questo tratto simpatico??? "Vai pure avanti tu, re dei Quattromila!", mi risponde ridacchiando...
Ma sì, in fondo vista da sotto sembra esserci una sorta di cengia a metà parete che sale in diagonale a destra verso la sosta...
Invece non sarà così: percorro la crestina ghiacciata, assicurato da Bruno in una sosta lasciata attrezzata nel ghiaccio; a 5 m da terra pende una corda fissa assicurata ad un chiodo nella roccia; la corda è troppo a sinistra perchè possa utilizzarla aiutandomi in salita, ma per lo meno tenterò di rinviarla per darmi un minimo di protezione...
La parete si rivela molto ostica, fino al IV grado, con i ramponi ai piedi e le mani completamente rese insensibili dal freddo; la protezione è molto scarsa: rinvio un nodo della corda fissa, poi subito dopo rinvio il chiodo, ma la parete mi presenta ancora 12-15 metri da salire su terreno improteggibile.
Ora ammetto di farmela un po' sotto, qua appeso, sapendo che una caduta avrebbe conseguenze disastrose e vedendo che la guida ha traversato si ghiaccio posando un paio di viti di protezione, per andare a reperire il più semplice spigolo alla mia sinistra...
Continuo a combattere, sbattendo con forza le dita delle mani sulla roccia per riattivare la circolazione: ne ho bisogno, per capire se la presa che sto tirando è buona oppure no...
Una cosa è certa: preferisco un 5c slegato con scarpette da arrampicata, piuttosto che un IV con ramponi ai piedi!
Alla fine avanzo metro su metro e raggiungo il bordo superiore della parete, mi ribalto al di sopra, rinvio una buona clessidra e pochi minuti dopo sono in sosta, una buona sosta su tre chiodi.
Finalmente posso recuperare Bruno; sottolineo che i due ragazzi bergamaschi che ci seguivano hanno borbottato un po' mentre noi salivamo il tiro: ebbene, a parte il fatto che avrebbero potuto salire dove meglio credevano, quando è stato il loro turno si sono rimangiati tutto, essendo giunti in vetta oltre mezzora dopo di noi...

Bruno in azione:
La sosta:
Come sempre, mentre recupero il compagno inizio a studiare il percorso seguente: traverserò in diagonale, puntando direttamente al filo di cresta dopo il Pic Lory:
Bruno si ribalta a sua volta al di sopra della parte rognosa:
Come stabilito, da qui in poi procederemo in conserva protetta; vado avanti io, rinviando qualche spuntone e facendo in modo da avere sempre almeno un punto di protezione tra noi due:
La cresta che ci aspetta richiede concentrazione continua: le difficoltà non sono elevate, ma è assolutamente vietato sbagliare, l'esposizione è massima:
Inoltre, la cresta è lunghissima...
In compenso, mi godo il fatto di aver trovato la cresta rocciosa in condizioni super-favorevoli, quasi completamente sgombra da neve e ghiaccio:
Finalmente raggiungiamo l'anticima; io riparto, mentre Bruno la raggiunge; sulla destra, la Meije:
Ci siamo quasi, ecco gli ultimi gendarmi prima del castello della vetta, ove riesco già a vedere la croce sommitale:
Incoraggio Bruno a tenere duro, ci siamo quasi:
Sono le 8,50 quando raggiungiamo l'agognata vetta della Barre des Ecrins (m 4.102):
La cresta percorsa fin qui:
Il Glacier Blanc, visto da quassù:
Sullo sfondo, il nostro Monviso:
Oltre 2.200 metri più in basso, il Pré de Mme Carle e la mia auto, lontanissima...

Autoscatti celebrativi:

Mentre ci stringiamo la mano, ecco due intraprendenti alpinisti che si lanciano dal Dome de Neige con il parapendio:
 Per me è il 26-esimo Quattromila: 
E' bellissimo rimanere quassù, ma non dobbiamo dimenticare che siamo solo a metà strada... ora bisogna scendere e, con questo caldo, il rischio di crollo di seracchi o dei ponti di neve sui crepacci si fa serio: meglio sbrigarsi. 
Mentre scendiamo, incrociamo alcune cordate che stanno salendo; in tutto all'incirca una decina di persone sulla Barre, contro una cinquantina sul Dome... e in genere la sproporzione è ancora maggiore.
Finalmente eccoci al Pic Lory, dove raggiungo e ritrovo subito la sosta usata in salita e da cui ci caliamo in doppia.
E' il momento di tirare fuori dal mio zaino la seconda corda da 30 m e di unirla all'altra per essere sicuri di arrivare a terra con la calata:
Come promesso a Bruno, anche se io ci sono già stato, ci portiamo sulla vicina vetta del Dome de Neige (m 4.015), salendo in pochi minuti dalla Brèche Lory:
Strana impressione essere di nuovo su questa cima dopo 7 anni...
Autoscatto, mangiando una barretta e riguardando la lunga cresta della Barre appena percorsa nei due sensi: 
Come dicevamo poco fa, è proprio ora di andare.
Ci lanciamo a razzo lungo la discesa della parete nord e riusciamo a percorrerla in soli 50 minuti!
Gli ultimi passi: forza Teo, guarda alle tue spalle cosa incombe...
OK, siamo fuori: ora possiamo rilassarci un attimo ed ammirare la nostra salita:
Ora ci tocca la lunga scammellata sul plateau glaciale del Glacier Blanc, passiamo sotto al rifugio e proseguiamo sul ghiacciaio finché possiamo, essendo già legati e ramponati e non avendo la minima intenzione di percorrere tratti in salita.
Foto ricordo:
Giornata strepitosa dal punto di vista del meteo.
La parte bassa del Glacier Blanc propone un numero incredibile di crepacci da superare, ma alla fine tutto finisce e, tornati sul sentiero e dopo una necessaria pausa ristoratrice a base di coca e chipster, abbiamo di nuovo il Pelvoux di fronte a noi:
La discesa è ovviamente eterna, ma abbiamo ancora molta benzina in corpo, sorprendetemente, per cui scendiamo in fretta.
Bruno mi comunica che il suo GPS ha misurato uno spostamento orizzontale di 12,5 km in discesa, il che significa che abbiamo percorso 25 km e 2.300 m di dislivello in salita più 2.300 in discesa...
Quando riguadagniamo il Pré de Mme Carle sono le 15,30 e lo sguardo corre nuovamente alla vetta da cui proveniamo, quella che ieri guardavamo sognanti:
Voltandomi a sinistra, non posso fare a meno di ripensare allo scorso anno, quando finii le vacanze proprio qui e precisamente sulla Tete du Vallon (m 2.728), con una via di oltre 700 m che il povero Paolino l'Alpino mi rimprovera ancora oggi:
Io e Bruno sghignazziamo, mentre ci prepariamo e raduniamo la nostra roba: ora mi tocca ancora guidare fino a casa, ma è d'obbligo la tappa al McDonald's di Briançon per mettere qualcosa in cascina...