sabato 6 ottobre 2012

UIA SUD-OVEST di NASTA (m 2.975): Oblò


























Sabato 6 ottobre 2012


Io, Bruno e Paolino l'Alpino



Ci regaliamo un'altra grandiosa giornata di scalata in alta quota.
La destinazione è l'Uja Sud-Ovest di Nasta (m 2.975), dove saliremo la via Oblò (6a   D+   8L   360 m), recentemente richiodata dal suo apritore Paolo Cavallo.
Rispondono all'appello Paolino l'Alpino e Bruno, che ritrovo dopo la Barre des Ecrins.
Partiamo alle 5,30 e l'appuntamento è alle 6,15 a Fossano con Bruno; sfruttiamo il suo fuoristrada, visto che la meta è il Pian della Casa del Re (m 1.743), sopra Terme di Valdieri.
Ben presto però iniziano i problemi: nei pressi di Andonno, Bruno nota che la macchina ha dei problemi, che accelera a vuoto e soprattutto che la temperatura dell'acqua è altissima!
Fermiamo ed apriamo il cofano: sorpresa, la vaschetta del liquido di raffreddamento è completamente vuota...
Provvediamo immediatamente aggiungendo acqua, poi ripartiamo: la temperatura scende, tutto sembra ok; meno male, ovviamente la paura di tutti era perdere la giornata in montagna!
Parcheggiamo al Pian dela Casa, c'è un bel sole.
Chi vuoi che venga quassù, ormai, ad ottobre?
E invece ecco sbucare un ragazzo da un furgone, su cui ha dormito, tutto solo, che ci offre un caffè...
Bruno accetta, mentre noi ultimiamo i preparativi: due martelli, chiodi, nuts, friends, rinvii, due mezze da 60 m, roba pesante per vestirsi, vista la stagione.
Verso le 8,00 partiamo, imbocchiamo il sentiero ben noto verso il Rifugio Remondino (m 2.430), ammirando alle nostre spalle un prossimo obiettivo, la Testa Sud di Bresses (m 2.820):
Lungo la salita si chiacchiera come al solito, la fine dell'estate hai i suoi pro e i suoi contro: i primi consistono nell'assenza di caldo, di rischio temporale pomeridiano e di affollamento; per contro, le giornate sono brevi e c'è il rischio concreto di battere i denti, specie in presenza di vento.
Un'ora e mezza dopo siamo al Rifugio Remondino, un po' tristemente chiuso, ma l'attenzione è subito rapita dalle maestose pareti che abbiamo di fronte per l'ennesima volta:
La fontana non butta, così ripartiamo subito verso le pareti, imboccando il sentiero che sale verso il Lago di Nasta; la giornata è assolata, ma il sole non scalderà la parete ancora per un po'...
Dopo poco più di mezzora siamo alla base della parete, dove non abbiamo difficoltà ad individuare l'attacco della via:
 Purtroppo... fa decisamente freddo, soprattutto a causa delle raffiche di vento gelido che ci sferzano con fastidiosissima continuità...
Infatti, in corrispondenza dell'attacco è presente un accumulo di grandine ghiacciata, ben conservata dalla temperatura rigida del momento: 
Dietro di noi, il rifugio è ancora in ombra... Seguiamo con apprensione l'avanzata del limite ombra-luce, incitando il sole a fare presto...
Alla nostra sinistra, la catena della Madre di Dio:
Intanto ci siamo, partiamo: sono le 10,15 quando Bruno attacca la prima lunghezza (5c), su roccia ottima, ma purtroppo con le mani congelate:
Un passo delicato dopo pochi metri, Bruno quindi deve subito integrare e presto riecheggia il caratteristico tintinnio del martello sul chiodo.
In effetti, nonostante la recentissima richiodatura da parte dell'apritore, non si pensi di dover semplicemente seguire la fila di spit, verso la vetta...
Se il risultato del restyling è quel che troveremo oggi, tanti complimenti a chi (pochi, per la verità) saliva la via prima!
Bruno arriva in sosta e tocca a noi; io salgo per ultimo, congelato e con i guanti anche in placca:
Il primo tiro è un martirio e purtroppo non riesco a godermelo, causa gelo alle estremità...
Secondo tiro, mentre il sole si avvicina: Bruno sempre avanti (5a), prima sul facile (e un po' erboso), poi lungo un bel muro verticale, che richiede l'infissione di un altro chiodo, in assenza di fessure da frineds:
Arriviamo così al fatidico terzo tiro, dove ne capitano di tutti i colori...
La partenza è comoda, la sosta si trova in cengia e lì sta ormai per raggiungerci (finalmente!) il sole.
Bruno attacca superando la prima placca, poi deve salire un pilatrino verticale; rinvia un buon chiodo, quindi studia il passaggio, ricavandone uno spettacolare volo, con tanto di rottura di uno degli anelli portamateriale dell'imbrago e cascata di friends, discensore, chiodi, ecc sulla testa mia e di Paolino!
Grazie ai nostri caschi, riesco a recuperare friends e discensore, i chiodi sono precipitati...
La cosa importante è che Bruno non si sia fatto assolutamente nulla: lo dico sempre che un buon chiodo è un'ottima protezione!
Come se nulla fosse, Bruno riparte e, stavolta un pochino più a destra, supera il pilastrino:
Oltre un terrazzino, affronta il passo chiave della via, un muro verticale fantastico, una prua di roccia magnifica da superare in piena esposizione, proprio mentre il sospirato sole arriva a riscaldarci un po' le ossa:
L'uscita è da sinistra a destra, ben protetta a spit, degna conclusione di una lunghezza di corda fantastica.
OK, tocca a noi, parto io:
Supero il pilastrino un pochino sulla destra, poi su diritto:
Quindi le placche finali:
La sosta è veramente esigua e scomoda, soprattutto quando arriva anche Paolino a reclamare il suo spazio:
Bene, ora siamo al sole, nonostante il vento si mantenga sostenuto e decisamente freddo.
La via ci dà tregua, nel senso che le difficoltà diminuiscono sensibilmente.
Ci diamo il cambio e passa avanti Paolino.
Il quarto tiro (4a) ci dà tregua, permettendoci di salire tranquilli, senza difficoltà:
Allo stesso modo, la quinta lunghezza (4a) propone belle placche articolate, al sole:
Sesto tiro (4b): Paolino sale direttamente la placca verticale che sormonta la sosta, quindi lungo una splendida placconata, per finire in diagonale a destra verso la sosta: 
Sopra di noi, la piramide sommitale di roccia gialla ci colpisce, bellissima, contro il cielo azzurro.
La saliremo sulla destra:
La comoda sosta, dove arriva anche Bruno:
Simpatico autoscatto in sosta:
Finalmente tocca a me la testa della cordata, salirò da capocordata gli ultimi due tiri.
La settima lunghezza (4b) ci porta su roccia via via più bella, prima lungo uno sperone rossastro:
quindi per una bella parete compatta, ben appigliata, in diagonale verso destra, fino a sostare in cima al risalto, in posizione veramente aerea e spettacolare:
Mi raggiungono i compagni: 
Ottava ed ultima lunghezza (5b): sembra impossibile da qui arrivare fino in cima con un unico tiro di corda, ma così dice la relazione.
Attacco con grande entusiasmo, supero la lama sottile del filo di cresta che ci riporta a ridosso del corpo principale della montagna:
Quindi risalgo una bella placca inclinata, verso sinistra:
Sono ora di fronte alla parete finale: prima in piena placca, ben chiodata:

Infine, scalo l'ultimo risalto lungo un diedro aperto: 

Sono in vetta, divertito e soddisfatto:
Recupero i compagni e poco dopo ci riuniamo tutti e tre in cima:
Verso ovest, in primo piano la Cresta Sigismondi che sale all'Argentera (m 3.297); a destra, la Cima Ovest della Nasta (m 3.108); in secondo piano, il Monte Matto (m 3.080) e, più lontano, il Monviso (m 3.841):
La Cima di Nasta, di cui occupiamo la cima di una struttura secondaria: 
A pochi metri di distanza, la sosta da cui ci caleremo in doppia verso sud-est:
Non prima di un'ultima foto in vetta, visto che probabilmente si tratta dell'ultima arrampicata in alta quota di questa straordinaria stagione estiva:
Bruno inizia la calata in doppia, sullo sfondo il Lago di Nasta, verso cui punteremo per ritornare verso il rifugio ed il fondovalle:
Io volgo ancora uno sguardo al profilo roccioso della Nasta ed agli ultimi tiri di corda dello Spigolo Vernet, una delle grandi salite di quest'anno:
Ultimata la calata e dopo aver sgranocchiato qualcosa, scendiamo lungo la traccia della normale e, quando transitiamo alla base della parete scalata, è naturale volgerle uno sguardo rapito:
Non siamo soli:
Come noto, uno dei luoghi a me più cari, dal punto di vista alpinistico...
La via salita vista dal Rifugio Remondino, ormai deserto per quest'anno:
La regina delle Marittime, l'Argentera, con a destra il Torrione Querzola, dove corre una delle vie che un giorno o l'altro saliremo, L'Uccello di Fuoco:

 

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