giovedì 9 ottobre 2014

TESTA GIAS dei LAGHI (m 2.739): Via dei Principianti in solo

Giovedì 9 ottobre 2014
Io

Approfitto di una mezza giornata di libertà per tornare ad immergermi in un viaggio interiore, ancora una volta in solitaria sulla parete sud-ovest della Testa Gias dei Laghi (m 2.739).
Il meteo è piovoso da giorni, dalle mie parti, ma qui trovo sempre un'oasi di sereno.
La montagna presenta già il vestito autunnale, quando parcheggio l'auto a quello che ormai è diventato il "mio" posteggio, pochi chilometri prima del Colle della Lombarda.
Sono circa le 8,30 quando mi preparo, stavolta portando con me tutto l'armamentario.
L'obiettivo è infatti la Via dei Principianti (IV   AD   230 m), che percorre tutta la parete seguendo un evidente diedro-rampa obliquo verso sinistra, per uscire sulla cresta ovest poco distante dalla croce di vetta. Incredibilmente, nonostante sia la linea più evidente, è stata l'ultima via ad essere stata tracciata sulla parete, non molti anni fa.
Dicevo dell'attrezzatura, in quanto la via è relazionata come "in parte chiodata".
Bene, porto con me una mezza corda da 60 m, martello, chiodi, cordini, nut e friend, per ogni eventualità.
Sono partito da pochi minuti, la parete è quella triangolare, la più lontana:
Di fronte a me, la cresta N-O del Monte Aver, che ho già scalato in solo tempo fa, in una delle mie prime uscite solitarie in ambiente:
Giunto al colletto nei pressi della Rocca di San Giovanni, mi appare nuovamente la parete di fronte, bellissima; individuare la linea di salita è piuttosto immediato, di una logicità disarmante:
Salendo verso il conoide detritico alla base del diedro di attacco, volgo lo sguardo a sinistra, dove in una luce irreale posso scorgere il santuario di S.Anna di Vinadio, il più alto d'Europa:
L'avvicinamento si conferma breve e divertente; in meno di un'ora a passo tranquillo sono in vista della rampa dove inizia la via:
Sono le 9,30.
Percorro per le prime due lunghezze la stessa via della volta scorsa, quando avevo scalato lo Sperone Sud-Ovest:
Il primo chiodo della via:
Proseguo lungo le placche di gneiss, con difficoltà sul III grado:
La sosta in corrispondenza della cengia erbosa che ho seguito al volta scorsa:
Ora proseguo lungo il diedro-rampa; ai piedi indosso le scarpette da arrampicata, ma la corda resta nello zaino:
La temperatura è fresca, ma non troppo fredda; la parete è ancora in ombra, il sole arriverà tra una quindicina di minuti.
Supero belle placche, la roccia è solida:
A dispetto del fatto che sia definita solo parzialmente attrezzata, io trovo la via più chiodata di altre che mi è capitato di scalare e che erano date completamente attrezzate...
Altre placche, altri chiodi e qualche sosta con due chiodi da collegare:
Ora sotto di me il vuoto si fa sentire, la concentrazione come al solito è massima; entro in una sorta di quarta dimensione, dove la totale concentrazione permette di staccare veramente la spina dai problemi del quotidiano, semplicemente perchè non ci si può permettere distrazioni:
Ed eccomi all'inizio del tratto chiave della via, le placche ed i muri di IV grado, inaugurati da una buona sosta a chiodi da collegare, che... non utilizzo:
Da qui la parete si fa verticale e già vedo un chiodo piantato solo per metà, nella fessura al centro della foto:
Anche stavolta non nego qualche breve imprecazione, giungendo al di sotto del passo-chiave, leggermente strapiombante e con una sola presa veramente ottima.
Memore di chi mi aspetta a casa, tenendomi con una mano estraggo il martello, lo lascio penzolare sul davanti all'imbrago, scelgo un chiodo a lama e lo conficco in una fessura circa un metro e mezzo al di sopra del chiodo che apre il passaggio chiave, un metro più a destra, quindi moschettono la longe e mi isso al di sopra, con un passo di IV bello esposto ma non difficile.
Quando trovo l'appoggio superiore, dove poco prima arrivavo con il mento, tengo una buona presa con la mano sinistra (dopo averla saggiata in modo accurato) e con il martello recupero il chiodo, ancora collegato alla longe per evitare di perderlo in allungo.
Mi sposto poi leggermente a sinistra, incontro un altro chiodo dopo un paio di metri e guardo dall'alto il passo appena superato:
Ora sono in un vago diedro piuttosto avaro di appigli; una spaccata a destra e mi allungo a prendere una buona lama, che mi permette di salire deciso anche in carenza di appoggi:
Al tepore del sole si sta benissimo.
Ovviamente, essendo anche la mattina di un giovedì di ottobre, in giro non c'è nessuno; ogni tanto mi volto a controllare se qualcuno sta vedendo questo pazzo vestito di rosso appeso alla parete da solo...
Raggiungo ora un tratto più appoggiato ed articolato, di nuovo al centro della parete, o meglio al centro della grande rampa che sale tutta la parete.
Sopra di me ancora placche piuttosto lisce ed un chiodo con un evidente cordino bianco:
Non è ancora finita, non è ancora il momento di sciogliere al concentrazione.
Supero le placche, poi la parete torna a mollare, la pendenza diminuisce e mi offre qualche decina di metri più articolati e facili:
Non manca moltissimo.
Con gli ultimi movimenti mi sono portato verso sinistra, sul filo dello sperone, e posso vedere al di là, verso la vallata di fronte, che custodisce il santuario:
Ecco che intanto la parete si raddrizza ancora, credo per l'ultima volta:
Forma infatti un pilastro piuttosto liscio e povero di prese, che mi fa studiare un attimo il da farsi.
Poi mi fermo, decido che qui non ci siamo, è un po' troppo difficile a dispetto della relazione che parla di facili passaggi...
Ridiscendo un paio di metri e trovo il modo di traversare leggermente a destra, dove in effetti incontro quasi subito terreno più agevole, che mi conduce verso la rampa finale di uscita, a sinistra, verso la cresta ovest:
Intorno a me, l'ambiente è a dir poco suggestivo e severo:
La facile cresta ovest, verso la cima:
Pochi minuti dopo, previo cambio di calzature dalle scarpette agli scarponcini, eccomi nuovamente in vetta:
Sono qui per la terza volta negli ultimi mesi.
Sono le 10,50.
Verso nord, la Punta Maladecia (m 2.745):
Autoscatto celebrativo:
Verso sud, il Malinvern (m 2.939) e in basso il colle da cui passerò lungo la discesa:
Il Lago Superiore dell'Aver:
Sgranocchio qualcosa, ovviamente sempre in completa solitudine, crogiolandomi piacevolmente al sole, ora che è anche cessato il vento freddo che soffiava fino a poco fa.
Verso le 11,15 inizio la discesa, per sfasciumi, e do un'ultima occhiata alla Maladecia alle mie spalle:
Certo c'è una bella differenza tra la vertiginosa parete sud-ovest da cui sono sbucato ed il placido pendio detritico a sud da cui scende la via normale:
Poco più tardi, sto scendendo e posso ammirare la "mia" parete e la via scalata, molto evidente dal centro verso sinistra:
Mi dirigo verso il colletto che mi separa dalla Rocca di San Giovanni, sempre senza incontrare anima viva:
Ancora la parete, contro il cielo azzurro:
... e con un tocco autunnale:
Il Monte Aver (m 2.745):
La vallata in veste autunnale:

Ormai la parete è lontana, anche se in realtà in soli 50' sono giunto fin quasi all'automobile:
Un ultimo saluto a queste pareti che amo particolarmente ed a questo magnifico sole, poi salgo in macchina e rifaccio rotta verso le nuvole che opprimono la pianura e le colline delle nostre zone:
Alla prossima avventura!