martedì 17 maggio 2016

QUOTA 2.540 della CIMA di VALCUCA (m 2.540): Fasciolo-Girelli

Martedì 17 maggio 2016
Io e Simone

Giornata speciale, un giorno di ferie molto ben investito in alta montagna.
Un'uscita lunga, completa, in ambiente magnifico e selvaggio, alla ricerca di una via e di una vetta piuttosto dimenticata, al di fuori dagli itinerari di moda e percorsi abitualmente.
Il risultato è una scalata entusiasmante, condita dalla compagnia di un amico e... forse da una scoperta geografica!
Andiamo per ordine: il venerdì le previsioni meteo e le condizioni in alta quota richiedono attente ed approfondite valutazioni, poi la decisione è presa: si va alla Cima di Valcuca (m 2.605) per scalare la via Fasciolo-Girelli (5b   D   7L   240 m), nelle nostre Alpi Marittime.
In questa stagione, in cui tutti salgono al massimo a 1.000 m di quota per arrampicare, io non ce la faccio più e, in maniera più o meno visionaria, riesco spesso a scovare itinerari affascinanti, che vanno a toccare le corde giuste in alcuni amici particolarmente sensibili.
Simone è entusiasta, il meteo è buono: si parte presto, nonostante l'itinerario sia molto lungo (le relazioni consigliano il pernottamento al Bivacco Guiglia...) noi abbiamo pure esigenze di rientro non tardivo...
Ritrovo alle 4,30, trasbordo sull'auto di Simo e via verso la Valle Gesso, fino al Gias delle Mosche (m 1.591), dove arriviamo alle 6,00.
Ci prepariamo e via, scendiamo ad attraversare il ponte ed andiamo a reperire l'infinita serie di zig-zag con cui il sentiero si inerpica verso il Lago Sottano di Fremamorta (m 2.359).
Il versante della montagna è sgombro dalla neve, a parte due grossi residui valanghivi da attraversare su neve dura e con attenzione.
La neve compare solo in cima, poco prima del Lago, che è ancora ghiacciato e ricoperto di neve:
Sono circa le 8,00 ed abbiamo fatto tutta la salita fin qui a buon ritmo, ma in mezzo alla nebbia ed a tratti sotto una fine nevicata...
Qualche foto, poi a destra verso il Colletto del Valasco (m 2.429), traversando con attenzione ancora su neve dura; avendo io optato solo per scarponcini da avvicinamento, estraggo dallo zaino i micro-ramponi, per avere un po' di presa in più:
Poco dopo eccoci a cercare il percorso migliore per scollinare e raggiungiamo il pianoro sottostante, ai piedi dei contrafforti sud della Cima di Valcuca (m 2.605), che pian piano bucano la nebbia e si lasciano ammirare:
Che facciamo? Le previsioni sono buone (sia lato italiano, sia lato francese), ma con queste nubi la temperatura dell'aria e soprattutto della roccia è decisamente bassa...
Mentre aspettiamo l'apertura del cielo, ci avviciniamo un altro po', scegliamo un comodo scoglio roccioso e mangiamo qualcosa.
Sono quasi le 9,00.
Passa quasi una mezz'oretta, la nebbia lascia vedere qualche sprazzo di azzurro e il sole giunge a far capolino un paio di volte.
Basta, qui diventa tardi invano: attacchiamo la via, intanto il sole arriverà e noi saremo già sulla via!
Troviamo immediatamente l'attacco, ben segnalato dall'ottima descrizione su Gulliver (inserita dall'apritore) e dal chiodo con cordino ben visibile:
Ci prepariamo, Simone attacca per primo quando sono circa le 10,00.
La prima lunghezza (IV+) oppone un diedro-camino sorprendentemente chiodato, ma la roccia gelida lo rende piuttosto antipatico ed insidioso:
La sosta è attrezzata con 3 chiodi collegati, piuttosto comoda:
Dopo la bollita alle mani, passo avanti per il secondo tiro (V), seguendo un fantastico diedro di ottimo granito, decisamente invitante:
Dopo alcuni metri, esco a sinistra sullo speroncino che lo delimita:
Più in alto la parete si raddrizza ancora:
rinvio un fantastico bong dall'aria yosemitica:
Giungo in sosta, entusiasta, anche per il fatto che finalmente è uscito il sole!
Recupero Simone, che sale in piena esposizione:

Decidiamo che salirò io il terzo tiro (V+), una superba fessura verticale:
Lame solide, il giusto mix tra tecnica e sforzo atletico:
Un diedro leggermente inclinato a destra, con un paio di passi delicati, ed eccomi alla sosta, attrezzata su un chiodo ed un solido spuntone.
Simone mi raggiunge:
Ormai il sole riscalda piacevolmente la nostra schiena e soprattutto la roccia, che si fa accarezzare con sensazioni che solo i rocciatori possono comprendere...
Simo passa avanti, la quarta lunghezza (IV+) è magnifica e fotogenica, la scalata alle forme arrotondate che ci conducono in cima al primo torrione:
La cresta facile verso il secondo torrione della via:
Facile, ma mai banale, divertente:
Simo mi segue, di fronte all'himalayana parete est della Testa di Tablasses (m 2.851):
La seconda parte della via, che sarà praticamente schiodata a parte le soste ed un paio di cordini, con difficoltà fino al IV grado:
Su roccia sempre di qualità superiore, scalo il sesto tiro:
In cima al risalto:

In sosta, facce da granito:
Avanti, ormai manca poco: Simone lungo il settimo tiro, salendo direttamente l'ennesimo torrione:
Alla nostra destra, la bella cresta dello Sperone Sud in parte nasconde, in parte sottolinea la Serra dell'Argentera sul lato opposto della valle:
Non rimane che un'ultima lunghezza di corda e tocca a me: quasi 50 m, prima superando la torre che abbiamo di fronte, poi lungo alcuni risalti minori...
...fino alla vetta!
Anche Simone sbuca sull'aerea cima dello Sperone Centrale:
Questa foto ci sorprende per due motivi:
1) la bellezza mozzafiato del Gruppo dell'Argentera (m 3.297), con a sinistra il Corno Stella (m 3.050), visto nella sua interezza da un'angolazione inusuale
2) noi siamo in cima allo Sperone Centrale (m 2.540) e quello di fronte a noi è lo Sperone Sud (m 2.605)... ora, va bene che spesso la montagna inganna dal punto di vista ottico... ma nessuno al mondo mi convincerà mai che la cima di fronte a noi è più alta di quella dove stiamo... Insomma, secondo me c'è qualche problema nella cartografia... ai posteri l'ardua sentenza...
Verso sud-ovest, la Testa di Tablasses:
Autoscatto in vetta:
Dopo aver sgranocchiato qualcosa ed aver ammirato il panorama, è ora di scendere: inizio con una doppia da 30 m verso la sella di destra (faccia a monte):
Segue un canale erboso e detritico, non troppo scomodo ma nemmeno simpatico in caso di bagnato:
Simone mi raggiunge in doppia:
Dieci minuti dopo, nella parte bassa del canale, stiamo cercando l'ancoraggio per la calata di 30 m che dovrebbe portarci fuori dalle difficoltà, alla base del canale.
Purtroppo qui devo fare una pacata critica a chi ha posizionato l'ancoraggio a valle di un salto di roccia di 5 o 6 metri, piuttosto improponibile da disarrampicare in condizioni asciutte, figurarsi col bagnato...
Per di più questa è l'unica via di fuga dalla via, dopo il primo torrione... boh...
Ecco il salto incriminato, che noi superiamo con una breve doppia su spuntone roccioso:
Subito sotto ecco l'ancoraggio, sulla sinistra orografica; ancoraggio a cui manca però l'anello di calata...
Ne posiziono uno mio, bello grosso, così ci caliamo fin quasi fuori dal canale:
Resta ancora da discendere un breve conoide innevato, ma grazie agli appigli sulla roccia ed alla consistenza ormai morbida della neve ce la caviamo senza eccessivi problemi.
Ripassiamo alla base del primo torrione, elegante e bellissimo:
Scendiamo la pietraia, poi raggiungiamo la neve e risaliamo nella coltre sfondosa il pendio di fronte, verso il Colletto del Valasco, da cui lanciamo un'ultima occhiata alla montagna scalata, ora con una visibilità decisamente migliore rispetto a stamattina:
La via salita:
La risalita nella neve è faticosa, ma dal Colle in avanti e scendendo oltre il Lago Sottano di Fremamorta ci buttiamo a cannone fino a fondovalle, che raggiungiamo a tempo record:
Termina così un'altra splendida avventura, una giornata magnifica ed un martedì decisamente inusuale.

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